Quisquilie

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Quisquilie

Ci sono piú cose in cielo e in terra di quante ne contenga la nostra filosofia, proprio come ci sono piú cose nei cieli e sulla terra della nostra filosofia di quante ne contenga l'universo intero. Questo perché l'insieme delle cose e l'insieme delle parole sono due infiniti che si intersecano ma non si sovrappongono in modo univoco. La loro intersezione, dunque, l'insieme di ciò che di volta in volta risulta ai due comune, non può mai essere presentata come una stabile oggettività, capace di offrire le basi per un sapere evidente ed eterno. Tale insieme, limitato di fatto per le capacità di sperimentazione del singolo, non è limitabile di diritto per le capacita d'esperienza degli innumerevoli altri. Esso equivale a ciò che comunemente chiamiamo una visione del mondo, quel mosaico di parole e di cose che ciascuno di noi si trova di fronte come orizzonte dato, ma mai definitivamente circoscritto nel disegno complessivo e nella configurazione delle singole tessere. È l'orizzonte in cui e su cui ogni vivente esercita potenzialità interpretative diverse, continuamente soggette a ulteriori riletture e a prospettive, sempre aperte, di verità.


La difficile strada della prossimità

Il sacerdote e il levita, che erano scesi un tempo da Gerusalemme a Gerico lungo la via su cui giaceva l'inerme vittima dei briganti, udita la parabola del loquace Nazareno, presero l'eroica decisione di non cadere piú nel disdicevole errore di un tempo; proprio come il samaritano del caso promise in cuor suo di perseverare nella virtuosa pratica di farsi soccorrevole prossimo al prossimo bisognoso d'aiuto.

Decisero cosí al ritorno di tenere ben aperti gli occhi e ogni altro senso in allerta durante il cammino che da Gerico li riconduceva a Gerusalemme. Giunti, però al selvaggio luogo dell'agguato, dove li attendeva al solito il frutto della violenza banditesca, si accorsero di essersi troppo affrettati al piano per completare in luce la lenta salita finale. Qui, infatti, non si trovarono semplicemente tra i piedi il corpo inerte di un ferito da curare, ma da lontano videro un viandante assalito da quattro energumeni, che lo stavano malmenando, coltelli in pugno, per rapinarlo.

Impreparato all'evento, il sacerdote, che primo s'affacciò oltre la svolta, capí che non sarebbe bastato chinarsi e, sollevandolo, dare qualche conforto al disgraziato, ma che avrebbe dovuto interporsi con grave rischio, alzare la voce e magari anche le mani in palese contraddizione con la sua funzione di religioso e uomo di pace. Deviò, dunque dal percorso e, lungo un tortuoso sentiero di campagna, si affrettò verso le mura ben custodite della città. Lo seguí il Levita. Anzi, piú giovane e svelto di gambe, qui lo raggiunse, e complimentandosi con lui per aver saputo preservare da ogni compromissione con la violenza e col sangue la santità del loro status di rappresentanti del Sacro, invocarono in coro il pronto intervento dei soldati.

Per ultimo si affacciò alla scena il mite e generoso samaritano, che, fiducioso nel vigore del braccio e nella robustezza del bastone da viaggio, ma incerto sugli esiti del piú che probabile scontro, soppesò alquanto i pro e i contro delle possibili scelte. Quando vide, però, che il poveretto cadeva esanime e quelli continuavano a colpirlo, con urla minacciose si accinse a correre in sua difesa.

Era il buon samaritano e lo sarebbe stato anche a costo di venir meno ai principi di prudenza e di mitezza che avevano guidato tutta la sua esistenza, rendendola esemplare nei secoli. Avrebbe messo a rischio la vita per evitare la morte sicura dell'uno e l'irreparabile delitto degli altri. Avrebbe vinto la ripugnanza istintiva per l'uso violento della forza, utilizzandola a beneficio di tutti.

Il cielo, longanime, gli risparmiò ambo i sacrifici.

Messi in allarme dall'improvviso e scomposto vociare, i briganti, infatti, distolsero l'attenzione dalla vittima, videro i soldati giungere al galoppo e, fuggendo a rotta di collo, si dispersero tra le rocce del caotico paesaggio.

Fu cosí che, quando il campione della prossimità, potè avvicinare l'icona dell'altrui bisogno, distesa immobile là dove gli assalitori l'avevano lasciata e i soccorritori, nella furia del generoso assalto, l'avevano travolta, constatò che il solo aiuto che ormai poteva offrirle, era una decorosa sepoltura.

Provvide, come suo costume, all'opera di pietà e, pro bono pacis et salute humanae vitae, promise di regolare, d'ora in poi, la velocità dei suoi viaggi, in modo da evitare di giungere sui luoghi degli agguati, prima che questi fossero conclusi, e da non sentirsi in dovere di invocare l'intervento armato di chicchesia o di lasciarsi coinvolgere in conflitti potenzialmente mortali.

Aldo Bodrato, marzo 2011

(Questo testo, è stato pubblicato sul sito web del mensile Esodo)
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